E arrivò il momento di tracciare una riga e tirare le somme anche in casa Cagliari. Dopo quasi sei mesi di gestione vissuta tra entusiasmo, speranza e infine sconforto, Tommaso Giulini si trova di fronte a un bivio: continuare a battere la strada intrapresa in estate con Zdenek Zeman alla guida del torpedone rossoblù, oppure
E arrivò il momento di tracciare una riga e tirare le somme anche in casa Cagliari. Dopo quasi sei mesi di gestione vissuta tra entusiasmo, speranza e infine sconforto, Tommaso Giulini si trova di fronte a un bivio: continuare a battere la strada intrapresa in estate con Zdenek Zeman alla guida del torpedone rossoblù, oppure fermarsi, cambiare autista e prendere un’altra direzione? Che qualcosa si sia rotto, dopo il doloroso capitombolo patito contro la Fiorentina, è fuor di dubbio; quel bel Cagliari che giocava e applicava i dettami del suo teorico ha cessato improvvisamente di esistere, facendo emergere un inatteso e veemente rigetto del trapianto tecnico operato. Sconfitte e prestazioni profondamente insufficienti hanno risucchiato la squadra nella zona retrocessione, precipitandola prima ancora che a livello di classifica in un abisso psicologico da smarrimento depressivo.
Se la prestazione non è mai casuale, come ama ripetere Zeman, allora è ragionevole e conveniente che patron e dirigenti si siedano a un tavolino per valutare il da farsi. Certo che sorprende
– e non poco – l’involuzione di una squadra che nonostante i non troppi punti ottenuti per strada aveva saputo divertire e convincere pubblico e critica, con prestazioni – anche quelle – non certo casuali, ma figlie dell’attenzione e della voglia di applicare gli insegnamenti del 4-3-3 di stampo boemo. Era opinione diffusa oltre che auspicio ovviamente, che il Cagliari avesse presto iniziato a raccogliere quanto seminato, eppure così, per ragioni che vanno ancora sviscerate, non è stato. Si siederanno così per davvero a un tavolino Giulini e i suoi più stretti collaboratori per decidere se continuare o meno insieme al maestro fortemente voluto in estate e apparso, a dispetto della calma esternata da consumato uomo di sala stampa, in seria difficoltà oltre che in confusione nelle ultime uscite, debole e impotente nel raddrizzare la barra del timone.
Il momento è dunque di quelli molto delicati. Sconfessare il progetto o difenderlo a oltranza? In questi ultimi momenti, a seguito di un incontro faccia a faccia tra Giulini e Zeman, fonti ufficiose rivelano che il club rossoblù sembrerebbe orientato a confermare il tecnico, stante anche un rinsaldato allineamento dei giocatori in rosa, ma la riflessione – parola d’ordine nelle stanze del bottone di viale la Playa – potrebbe protrarsi ancora per un po’ e partorire decisioni inattese. Che Zeman abbia dovuto gestire un dualismo acceso con la vecchia guardia, però, è qualcosa che ormai appare difficile nascondere. Daniele Conti, in particolare, si trova ad essere il primo degli imputati – anche per i ben noti precedenti (Giampaolo e Bisoli ne sanno qualcosa) – a cui chiedere conto, in una stagione che sin qui si è contraddistinta per prestazioni scadenti in serie e per l’impietoso confronto con Crisetig che, quando impiegato in cabina di regia contro Inter, Empoli e Napoli soprattuto, ha dimostrato di valere la maglia da cervello titolare molto più del collega-rivale. Eppure Zeman non esita a difendere l’utilizzo e la priorità del capitano a spada tratta, a costo anche di mettere in ombra una delle sorprese più liete di questo Cagliari e di far storcere il naso.
Segno che il boemo tiene a molto a questa panchina, ma anche che forse le sue scelte proprio incondizionate non lo sono e lo spogliatoio, capeggiato oltre che da Conti dagli altri due senatori Cossu (raramente incisivo) e Pisano (superato da Benedetti nelle gerarchie), continua a far sentire il proprio peso. Con la classe senatoria che non ha saputo sin qui digerire la trasformazione imposta e che in fondo – ma è comprensibile – privilegerebbe un ritorno allo status quo di lopeziana memoria, la sfida per Giulini e Marroccu si fa doppiamente insidiosa: riusciranno, i due, a riparare la nave e a rinsaldare il rapporto tra comandante ed equipaggio? Quel che è certo è che prima di salpare per il nuovo anno bisognerà ingaggiare nuovi ed esperti marinai che sappiano tappare le falle e guidare il vascello a destinazione. Ne servirà uno, almeno, per reparto e scelti di concerto, beninteso, con il nocchiero. Che si potrà chiamare Zeman, e allora si arriverà con lui sino a giugno e dovrà essere supportato ancor di più anche nelle frizioni intestine. Oppure avere un altro nome, un altro volto, un altro verbo.
Matteo Sechi