Andare allo stadio è un diritto: Ghoncheh Ghavami, simbolo della lotta contro la violenza sulle donne
Finalmente libera. Dopo cinque mesi in gabbia. Libera di combattere, libera di non fermarsi, ma continuare a resistere. Ghoncheh Ghavami, l’attivista britannica di origine iraniana prigioniera nel carcere di Evin a Teheran è stata rilasciata su cauzione.
Le donne sono come l’acqua che erode la roccia e trova un pertugio a furia di scavare la pietra. Un granito, quella legge iraniana, che vieta alle donne di entrare negli stadi dove giocano i maschi. E se disordine è stato prima di una partita, era per una giusta causa: libertà negata e violentata. Manifestavano le donne davanti all’ingresso del palasport di Teheran il 20 giugno scorso. Protestavano a gran voce per un loro diritto ammutolito e segregato: tifare. Esultare per una vittoria, fischiare per una sconfitta. Entrare, sedersi e guardare la partita di pallavolo Iran-Italia. Nient’altro. Solo tifare. Ghoncheh Ghavami era lì con loro. Figlia dell’occidente , ma mai dimentica delle sue origini iraniane, ha preso posizione, perchè negare quel diritto alle donne è una forma assurda di violenza. Vuol dire privarle di emozioni , di quella scarica di adrenalina che ogni volta regala vedere la tua squadra in campo. Significa impedire che la passione sportiva fiorisca, che l’amore per lo sport cresca con loro. Le donne in Iran non posso né gioire, nè soffrire, hanno la volontà incatenata, l’anima violentata. Non possono andare allo stadio per ragioni di ordine morale, perché lo sport unisce una nazione, spezza barriere, crea consapevolezza: una minaccia troppo grande.
La squadra del cuore è identità, un’unica fede, più di una religione. Quei colori che scendono in campo sono attaccamento, patto di fedeltà che difficilmente viene tradito. Alle donne iraniane è proibito tifare per la loro nazione, sono escluse, cittadine reiette, apolidi in patria. Rimane il coraggio, tanto. Di chi ora ha deciso di ribellarsi. Prima della resa è preferibile una cella buia senza sole. E la giornata mondiale che si celebra oggi in tutto il mondo contro la violenza sulle donne deve far riflettere. Ogni volta che entriamo allo stadio, un gesto naturale e scontato si trasforma in simbolico. E il grido di quelle donne risuona, non possiamo non ascoltarlo.
Federica Ginesu