Nucifora il realista e i problemi della Torres: “Obiettivo 25 punti nell’andata. I siciliani? Ben vengano. Il calcio? Farà la fine dell’ippica”

Tanta carne al fuoco, come di consueto quando l’avvocato è ben disposto a loquaci chiacchierate. A quasi un anno di distanza dal suo arrivo a Sassari e a un terzo del cammino compiuto in stagione, Enzo Nucifora traccia un bilancio della sua esperienza rossoblù, tra proclami, ambizioni, realismo e i tanti “vorrei ma non posso” contro i quali il calcio di oggi – soprattutto a livello di terza serie – obbliga a sbattere anche i più benintenzionati. La sua Torres, finita di assemblare di riffa e di raffa nell’ultima decade di agosto, ha sin qui risposto più che dignitosamente sul campo, dando filo da torcere a chiunque e attestandosi in un confortevole centro classifica conquistato grazie a quattro vittorie e quattro pareggi. Proprio i tre punti però, mancano ormai da oltre un mese e mezzo, da quel trionfale pomeriggio che vide il blasone del Novara opacizzarsi di fronte all’argento vivo dei rossoblù. Quale occasione migliore se non con il Sud Tirol per ritrovare la strada della vittoria? “Me lo auguro con tutto il cuore – afferma Nucifora -, da troppo tempo non facciamo gioire i nostri tifosi. I tempi sono maturi per un ritorno alla vittoria, anche perché più il tempo passa più rischia di complicarsi il finale di questo girone d’andata e di aumentare la pressione“.

Con il Novara la squadra raggiunse un picco notevole e al netto di alcune lacune tecniche ci si attendeva forse una flessione nei risultati più legata a un calo fisico. La verità, però, è che forse la squadra ha patito anzitutto a livello psicologico l’entusiasmo soffiato dall’ambiente. “Quello della flessione – puntualizza il direttore – è sempre un discorso relativo. E’ indubbio che si è passati dal vertice toccato contro Pordenone e Novara alla base nella brutta prestazione contro la Giana. Sono poi arrivate prove altalenanti: abbiamo fatto fatica contro il Mantova, poi abbiamo colto due pareggi sui campi proibitivi di Bassano e Pavia, che magari non hanno fatto troppa classifica, ma certamente morale. C’è stato poi il brusco stop casalingo contro l’Alessandria, a testimoniare che forse la squadra paga gli sforzi soprattutto a livello di concentrazione“. A Monza, in piena emergenza, si è intravista di nuovo la Torres gagliarda e affamata di ottobre, tanto che la sospensione del match lascia qualche recriminazione soprattutto in casa sassarese. “Per quanto il campo fosse disastrato, abbiamo sicuramente disputato una buona mezz’ora, ma è stato giusto interrompere. Ora, ad ogni modo, è arrivata l’ufficialità: la partita verrà rigiocato il giorno 17 dicembre alle ore 14:30“. La società rossoblù aveva indicato il giorno 23 come ottimale per il recupero e invece si andrà a giocare in mezzo alle trasferta di Venezia del 14 e alla gara casalinga contro la Cremonese prima di Natale. “La data da noi indicata restava in cima alle nostre preferenze, ma siamo comunque moderatamente soddisfatti. Non evitiamo le tre gare in una settimana, ma abbiamo tempo per organizzarci“.

Sicuri che Monza-Torres si giocherà? “Penso proprio di sì, ma quel giorno potrebbe esserci non poca tensione in casa loro, perché il 12 scadrà il termine della messa in mora e potrebbero anche non avere a disposizione tutti i giocatori“. Attualmente l’ipotesi di un’esclusione dal campionato appare quindi lontana. “Penso che si lavorerà per un fallimento pilotato, un po’ come successo ad Ascoli lo scorso anno, quando però non erano previste retrocessioni“. Adesso la società marchigiana, rifondata dall’imprenditore italo-canadese Francesco Bellini, veleggia in testa al proprio girone, mentre per il Monza si preannuncia un girone di ritorno di passione. “Hanno debiti per 2-3 milioni o forse anche di più – rivela Nucifora – e potrebbero dover far fronte a un esodo di massa. Staremo a vedere“. Così come starà a vedere la Torres nel mercato di riparazione, alla finestra in attesa dell’occasione giusta? “Il discorso è semplice e le strade percorribili due: se chiudiamo il girone d’andata a 25/27 punti, opereremmo qualche piccolo accorgimento, se invece arrivassimo al giro di boa in una situazione parzialmente negativa, allora inevitabilmente cercheremo di immettere i rinforzi necessari a centrare la salvezza“. In entrambi casi, sembra di capire, il mercato della Torres dovrà passare forzatamente da uno sfoltimento della rosa e da una razionalizzazione delle risorse da mettere a disposizione di Costantino. “Le decisioni verranno prese dopo il 21, io mi auguro di poter abbassare i costi di gestione, perché devo garantire un futuro a questa società“.

Tornando all’immediato, non sono poche – seppur meno allarmanti rispetto a quelle brianzole – le grane che la società deve ‘spiantare’, a partire da quella legata campi di allenamento: “Abbiamo grandi difficoltà e nonostante i dirigenti locali si stiano dando da fare, non è ancora stata trovata una soluzione. Ieri ci siamo allenati in terra battuta, oggi sul sintetico, domani e dopo domani saremo al ‘Vanni Sanna’. Cerchiamo di adattarci, ma con l’arrivo dell’inverno è fondamentale riuscire ad avere un punto di riferimento statico“. E mentre in Sardegna si lavora per semplificare la logistica della prima squadra, da un’altra isola, la Sicilia, arrivano rinforzi nella gestione del settore giovanile capeggiato da Andrea Prato, apparsa problematica sin dai primi mesi estivi e fattasi critica nelle ultime settimane, con giocatori e procuratori sul piede di guerra. Le novità rispondono al nome di Daniele Piraino, procuratore e dirigente tuttofare già noto a Sassari per aver collaborato con Lorenzoni e curato la procura di Matteo Bisogno, e di Valerio Majo, ex centrocampista e allenatore delle giovanili del Palermo con un passato anche come tecnico degli Allievi dell’Olbia. Possibile l’arrivo a Sassari di qualche ragazzo sponsorizzato dal duo siculo nell’ottica di una più generale iniezione di risorse, anche finanziarie. “So che c’è qualche problema nel settore giovanile – ammette l’avvocato – e che Piraino è in buoni rapporti con Patalano. Io personalmente mi occupo solo della prima squadra, ma consapevole delle difficoltà oggettive che ci sono, non escludo ci possa essere un cambio di rotta. In estate sono stati fatti alcuni errori di valutazione: sono dell’idea che si debbano fare le cose gradualmente, senza troppi annunci e proclami“.

A distanza di un anno dal suo insediamento, da quelle prime giornate in cui tuonò e intimò la necessità di un cambio di registro della società a livello di professionalità, che giudizio dare all’operato generale della dirigenza? “La volontà di crescere c’è stata e c’è, ma a tutto c’è un limite. Capitani si trova da solo a fare sacrifici enormi con investimenti economici rilevanti. Avevamo stimato una campagna abbonamenti che garantisse almeno 3000 spettatori a partite, pensavamo di avere un certo ritorno economico che consentisse di alleggerire i costi di gestione, ma così non è stato. Quando la domenica al botteghino racimoliamo 8000 euro, io non me la sento, a livello umano, di andare dal presidente a spronarlo a fare di più o ad avanzare richieste. Sono arrivato con determinate idee, ma dobbiamo misurarci con la realtà dei fatti che parlano di ingenti uscite e pochissime entrate“. Nelle altre piazze – fatta eccezione per qualcuna del Sud – le cose non vanno però diversamente. “E’ vero, ma noi dobbiamo anche tenere conto che attualmente Sassari è una delle poche città in Italia dove il calcio – primo sport nazionale – è il secondo per interesse dei cittadini. Questo si ripercuote direttamente anche nella ricerca degli sponsor, sempre più inclini ad affiancare la Dinamo e a trascurare la Torres. Il basket ha saputo tenere e tiene alto l’onore della città, ma con il calcio sassarese di nuovo in fase ascendente ci saremmo aspettati qualcosa di più“. Non è forse un problema circoscritto alla sola Sassari, la sensazione è che l’intero movimento accusi una crisi di rigetto da parte della maggioranza dei tifosi. Il sistema calcio italiano, umiliato dagli scandali, sovraesposto in ogni sua sfaccettatura e spolpato della sua autenticità, ha ormai oltrepassato i limiti della decenza, estinguendo gran parte della propria magia. “La massa oggi ha più interesse a seguire il calcio dal divano, ma soprattutto ad azzeccare la propria schedina piuttosto che veder vincere la propria squadra. E dove trionfa la scommessa, muore il senso d’appartenenza. Il calcio, a tutti livelli, non viene più vissuto come passione bensì come speculazione. La mia paura – conclude amaramente Nucifora – è che possa fare la fine dell’ippica“. E a ben vedere, se il calcio non ritroverà presto la sua anima popolare e più genuina, il rischio di una rumorosa implosione resta tanto scongiurabile quanto possibile.

Matteo Sechi