ESCLUSIVA – Tovalieri, cuore rossoblù: “Nel 1997 avrei rescisso con la Sampdoria per tornare. Muzzi jr.? Meno bomber di Roberto”
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Sandro Tovalieri, in una foto di qualche anno fa, quando allenava nelle giovanili romaniste
Il bomber che colpiva all’improvviso. Il “Cobra”, Sandro Tovalieri. Non è facile, in meno di una stagione sportiva, conquistare l’affetto e la stima dei tifosi che con te hanno condiviso una delle più amare delusioni. 15 giugno 1997, la storia del bomber di Pomezia con il Cagliari si chiude in un bagno di lacrime, sue e del popolo partito per Napoli, dove domenica i rossoblù saranno di scena contro gli azzurri, a 17 anni e mezzo di distanza. Qual migliore occasione per chiacchierare proprio con Tovalieri, che dopo il ritiro ha deciso di vestire ancora il giallorosso romanista (andò in panchina in un’occasione nella stagione dello scudetto 1982-1983), nelle vesti di allenatore. Otto anni, dagli Esordienti agli Allievi Nazionali, l’incrocio con Zeman (2011-2012) e con potenziali, futuri campioni, come Alessio Romagnoli – “Giocava a centrocampo, l’ho messo io in difesa, dove si esprime meglio”, dice con un pizzico d’orgoglio – . Ma adesso si dedica solo alla sua Scuola Calcio in quel di Tor San Lorenzo, oltre ad essere presidente onorario della RES Roma, Serie A di calcio femminile.
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Sandro Tovalieri disperato sul prato del “San Paolo”: il Cagliari è in Serie B
Tantissime squadre da calciatore, una valanga di reti all’attivo. Una miriade, adesso, gli impegni in agenda. “Quest’anno ho intrapreso anche l’avventura nel calcio femminile – dice – ho chiuso quella da allenatore nella Roma, e mi piace tantissimo stare in mezzo ai ragazzini”. Ci dedica del tempo proprio mentre urla e rumori del pallone fanno da sottofondo. “450 bambini da far crescere sono un grosso impegno, però mi gratifica tantissimo, perché è una realtà che mi appartiene, che da 12 anni cresce assieme a me e a tutte le persone che ci lavorano. L’esperienza con la Roma è stata importantissima, in futuro vedremo, sono sempre in movimento e alla ricerca di nuove sfide”.
Tovalieri allenatore anche dei grandi, un giorno? “Perché no, non mi precludo nulla, ora sono qui, domani chissà”. Certo se un paio d’anni fa Zdenek Zeman fosse stato esonerato, il posto del boemo sarebbe stato tuo… “E’ vero, allenavo gli Allievi Nazionali della Roma, il tecnico della prima squadra era Zeman, che stimo al 100%. Ci furono degli approcci, la squadra viveva un momento complicato, poi alla fine vennero fatte scelte diverse. Non ho rimpianti”.
Zeman maestro di calcio, miniera d’oro quando gli si affidano i giovani. Com’era il rapporto tra Zeman e voi tecnici del settore giovanile? “E’ uno molto attento ai giovani, seguiva sempre i nostri allenamenti e in settimana spesso organizzavamo le amichevoli. E’ un tecnico preparatissimo, i giovani emergenti che lo incontrano sono sicuramente fortunati”. Recentemente, proprio Zeman ha detto che “in Italia i calciatori bravi e di talento non mancano, ma bisogna cercarli e una volta trovati aspettarli”. Sei d’accordo? “Assolutamente si. Purtroppo i settori giovanili non vengono sfruttati, arrivano tanti stranieri che non fanno la differenza, che tolgono posto a quegli italiani che andrebbero investiti di fiducia e pazienza. Finché non si capirà questo, non otterremo nulla, anzi”.
Il Cagliari di oggi vive un paradosso: il tecnico più offensivo che ci sia e un problema attacco. Sau infortunato e unico terminale, Longo sboccerà? “Il Cagliari ha avuto un momento di difficoltà, ora penso siano di nuovo in ripresa. Il calcio di Zeman vive di alti e bassi, lo sappiamo, ma è anche una tipologia di calcio che fa crescere i ragazzi, che permette loro di esaltarsi e imparare cose che si porteranno dietro per tutta la carriera. Sau e Longo sono ragazzi interessanti. A Cagliari è cambiata la società, c’è entusiasmo, Zeman ha un progetto degno di nota, non ho dubbi sul fatto che la strada intrapresa dal Cagliari sia quella giusta”.
Tu hai allenato anche Nicholas Muzzi, è uguale al papà? “Si, l’ho avuto negli Allievi della Roma. E’ più un esterno offensivo, mentre Roberto era attaccante puro, anche se amava sacrificarsi e svariare. Nicholas è un ragazzo serissimo, grazie alla famiglia che ha le spalle. Non l’ho mai visto montarsi la testa o pensare di avere qualcosa di garantito grazie al padre, dal quale si differisce per caratteristiche tecniche. Un po’ come mio figlio (disputa l’Eccellenza Laziale ndr), che è un trequartista, centrocampista offensivo, ben diverso da quello che ero io (ride ndr)”.
23 presenze, 12 gol, da novembre 1996 a quel 15 giugno. Sandro Tovalieri in lacrime, che chiede scusa per la retrocessione. E’ l’immagine che ti assegna, assieme ai gol, un posto tra i grandi della storia del Cagliari. Ci racconti quella giornata, sportivamente tragica? “E’ stata una delle più grandi delusioni calcistiche della mia vita. Avevamo fatto un girone di ritorno fantastico, recuperando 9 punti su chi ci precedeva. Due settimane di sosta dopo l’ultima giornata di campionato (vittoria 1-0 in casa del Milan, gol di Muzzi ndr) ci penalizzarono perché eravamo in formissima. Ci trovammo subito sotto 2-0, a quel punto fu difficile recuperare, nonostante il mio gol e tante occasioni create. Faceva un caldo terribile, indimenticabile. Ci fu grande amarezza per quei 20 mila tifosi. Spesso, in Italia, ti contestano, magari ti alzano le mani, loro furono disperati al nostro fianco, ci applaudirono. Un momento davvero particolare”.
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Sandro Tovalieri in una figurina dell’epoca
C’è qualcuno che ancora sostiene che il ritiro pre-partita fu troppo lungo e in qualche modo vi appesantì dal punto di vista emotivo. “Non direi, in un’occasione di quel tipo ci sta fare sacrifici. Ci si giocava la Serie A, venivamo da un ottimo girone di ritorno, e quindi non credo che due giorni di ritiro in più abbiano influito particolarmente. Giocammo in un ambiente ostile, in casa di Luiso, in casa del Napoli, che sarebbe stato allenato da Mutti (allenatore del Piacenza ndr). Carletto (Mazzone ndr) avrebbe voluto giocare a Roma davanti a 40 mila ‘amici’ romanisti”.
Sapevate, una volta in campo, degli incidenti che stavano evolvendosi sugli spalti e fuori dallo stadio? “Si, ci avevano avvertiti. In quei momenti eravamo concentrati sul calcio giocato, ricordo attimi concitati col tam tam delle radio e tra i dirigenti. Speravamo che non fosse successo niente di grave, pensavamo ad una partita che avrebbe permesso di mantenere la Serie A conquistata ad inizio decennio”.
Lacrime sul prato del San Paolo, lacrime all’aeroporto di Elmas a fine serata. Sciarpe in regalo per te che andavi via molto rabbuiato. Come mai Sandro Tovalieri lasciò il rossoblù? “Fu una scelta esclusivamente della società, io sarei rimasto più che volentieri anche in Serie B perché in Sardegna stavo benissimo. Avevo voglia di riportare la squadra in Serie A, però ero uno dei pochi giocatori che avevamo mercato e quindi potevo permettere di monetizzare. L’allontanamento di mister Mazzone fu decisivo, pensa che avevo già firmato per la Sampdoria e ci fu la voce di un possibile ritorno di Mazzone a Cagliari: a quel punto dissi chiaramente che avrei rescisso con i blucerchiati e sarei tornato a Cagliari, senza dubbi. Alla fine le cose non andarono così, la società fece una scelta e bisogna rispettarla, senza colpevolizzare nessuno. Io a Cagliari stavo davvero da Dio, l’affetto dopo la retrocessione mi colpì tantissimo tanto da farmi innamorare. E’ chiaro che quando fai gol è tutto più facile, ma l’atmosfera di quella stagione la ricordo con piacere enorme. La gente capì che ce l’avevamo messa tutta”.
Fabio Frongia