Riva, Marchegiani e Datome: storie di Italia-Svizzera a Cagliari
Cos’hanno in comune Riva, Marchegiani e Datome? In apparenza nulla, ovviamente. Il primo è la leggenda vivente del Cagliari, nonchè il miglior marcatore di tutti i tempi della nazionale italiana; il secondo è stato un ottimo portiere, che ora si diletta a commentare il calcio dai salotti televisivi; mentre il terzo è il capitano (sardo) dell’Italbasket. Tre figure diversissime e due sport diversi. Eppure a uno sguardo più approfondito, un comune denominatore lo si può trovare. Andiamo a vedere quale.
La Sardegna, storicamente e per varie ragioni, soprattutto logistiche, non è mai stata una meta troppo gettonata dalle nazionali italiane di qualsivoglia sport, anche se proprio la pallacanestro negli ultimi anni pare aver invertito la rotta. Curiosamente, però, il confronto tra Italia e Svizzera, che domani infiammerà il PalaRockefeller (palla a due alle 20.30), vanta un feeling speciale con l’Isola. Già in altre due occasioni, infatti, questa partita si è disputata a Cagliari. Si trattava in entrambi i casi di calcio, è vero, ma le storie – per nulla banali – che ci hanno offerto queste gare meritano di essere ripercorse.
La prima volta di Italia-Svizzera in Sardegna risale all’antivigilia di Natale 1967. Sono le qualificazioni agli Europei italiani dell’anno successivo, che gli azzurri vinceranno battendo la Jugoslavia nella finale dell’Olimpico. All’Amsicora, la squadra dell’allora commissario tecnico Ferruccio Valcareggi arriva già certa di un posto alla fase finale, forte di un percorso quasi netto nelle prime cinque partite: quattro vittorie (3-1 e 1-0 alla Romania, 2-0 e 5-0 a Cipro) e un pareggio per 2-2 conquistato nella sfida d’andata con gli elvetici. Gigi Riva, idolo di casa, si presenta al confronto in autentico stato di grazia, con cinque reti messe a segno nelle sue prime cinque apparizioni in Nazionale. Dopo aver dilaniato la debole difesa cipriota un mese prima a Cosenza (tripletta nella ripresa per la “manita” finale), Rombo di Tuono risultò provvidenziale anche a Berna. In quell’occasione Valcareggi decise di affidare le chiavi dell’attacco al tandem rossoblù composto da Riva e dall’esordiente Roberto Boninsegna, ma le cose si misero subito male a causa della giornata no di Facchetti e Rosato, letteralmente dominati dai rispettivi avversari: al 34′ Quentin portò in vantaggio gli svizzeri. Riva pareggiò nella ripresa con la solita prodezza, ma dopo appena due minuti Künzli siglò il 2-1. A salvare tutto, quando la situazione pareva ormai compromessa, ci pensò ancora il bomber di Leggiuno, abile a guadagnarsi e poi a trasformare un calcio di rigore concesso dal direttore di gara ungherese a cinque minuti dalla fine.
A Cagliari gli azzurri, con la testa sgombra, vogliono comunque rimarcare la propria superiorità sui cugini rossocrociati. Sandro Mazzola riprende in consegna la maglia numero 9, lasciata in prestito un mese prima a Bonimba, in difesa Ferrini prende il posto di Rosato e la coppia di centrocampisti interni è formata da Rivera e Juliano. Con la maglia numero 11, nemmeno a dirlo, Gigi Riva, accolto come un eroe da un Amsicora gremito fino all’inverosimile. Il ct della Svizzera è Alfredo Foni, leggenda juventina (tredici anni in bianconero tra il 1934 e il 1947) e campione del mondo con l’Italia di Vittorio Pozzo nel 1938. Con il 6 gioca Karl Odermatt, celebre soprattutto per essere finito nella copertina dell’album Panini 1973/74, immortalato durante uno scambio di convenevoli con Giacinto Facchetti. La casacca numero 7 la veste invece Hans-Ruedi Führer, che fa paura, sì, ma soltanto per il cognome.
Il fischio d’inizio arriva alle 14.30, e alle 14.43 la partita è praticamente finita. Dopo tre giri di lancette, infatti, Mazzola ha già trafitto Kunz. Dieci minuti dopo Riva raddoppia, e nella ripresa il futuro cagliaritano Angelo Domenghini, pur in condizioni fisiche non perfette, trova il modo di realizzare la doppietta che vale il definitivo 4-0. Una vittoria facile facile, ma che resta scolpita nella memoria per una ragione fondamentale: quella realizzata il 23 dicembre del 1967 è l’unica rete messa a segno da Riva in Sardegna con la maglia azzurra: in sostanza, la perfetta fusione tra i due più grandi amori della sua vita.
Consegnato alla storia il primo protagonista di Italia-Svizzera in salsa sarda, andiamo a scoprire il secondo, che purtroppo per lui, nella storia di questa partita ha deciso di entrarci dalla parte sbagliata. Siamo nell’ottobre del 1992, e la mancata qualificazione dell’Italia all’Europeo svedese, poi vinto a sorpresa dalla Danimarca, ha portato al cambio della guardia in panchina: via Azeglio Vicini e dentro Arrigo Sacchi, che un anno prima aveva esaurito il suo ciclo alla guida del Milan più forte di tutti i tempi. Il tecnico di Fusignano rivoluziona la squadra, epurando alcuni dei grandi protagonisti dell’era Vicini. Ne fa le spese, tra gli altri, anche Walter Zenga. All’inizio degli anni Novanta la scuola dei portieri in Italia è quantomai florida: si segnalano soprattutto Gianluca Pagliuca, già scudettato con la Sampdoria, e Luca Marchegiani del Torino. Ed è proprio su quest’ultimo che Sacchi decide di puntare per il dopo Zenga.
L’estremo granata esordisce in Nazionale il 6 giugno 1992 a Chicago nella sfida dell’U.S. Cup contro gli Stati Uniti. La gara termina 1-1, e, nonostante la rete subita da Harkes, Marchegiani impressiona favorevolmente critica e allenatore, tanto che viene confermato per la successiva amichevole di Eindhoven contro l’Olanda, vinta per 2-3. Si arriva così alla gara iniziale delle qualificazioni a Usa ’94 con delle gerarchie ben definite: Marchegiani è il titolare, Pagliuca la riserva.
Il 14 ottobre del 1992 il governo di Boris Eltsin impedisce a Gorbaciov di raggiungere l’Italia, l’opinione pubblica s’interroga sul fenomeno Lega Nord, e gli azzurri sbarcano a Cagliari per sfidare la Svizzera nella prima tappa verso i Mondiali statunitensi. Sacchi è alle prese con la grana Baresi, che non vuole più saperne di giocare in Nazionale. Il ct vorrebbe affidare il ruolo di centrale a Paolo Maldini, ma il figlio di Cesare deve fare i conti con un guaio muscolare. Spazio, dunque, all’esordiente Marco Lanna, chiamato a giostrare in coppia col più esperto Costacurta. Sulla fascia sinistra c’è Di Chiara, mentre a destra bisogna ovviare all’assenza dell’infortunato Moreno Mannini. Sacchi convoca in tutta fretta Mauro Tassotti, che partendo titolare al Sant’Elia diventerà il più anziano esordiente della storia azzurra a 32 anni, 8 mesi e 25 giorni. A centrocampo giocano Eranio, Evani e Donadoni (che vince il ballottaggio con Albertini), in attacco Lentini, Vialli e Roberto Baggio. Il guardiano dei pali, come detto, è Marchegiani.
Dall’altra parte, gli elvetici arrivano in riva al Golfo degli Angeli quasi rassegnati al ruolo di vittima sacrificale. Il talento è poco, e per lo più concentrato sui piedi di Ciriaco Sforza (meteora interista nel 1996/97) e Stèphane Chapuisat del Borussia Dortmund, formazione con cui, quasi cinque anni più tardi, conquisterà una Champions League ai danni della Juventus. Per il resto c’è poco da segnalare, se non un portiere di chiare origini italiane. Si chiama Marco Pascolo, e in patria fa l’elettricista: “Il calcio è il mio hobby – dice ai giornalisti prima del match - faccio l’ elettricista perché solo di pallone in Svizzera non puoi vivere.” Il calcio italiano non lo stuzzica, dice di preferire la sua piccola realtà, il Servette: “Non mi piacciono i divi, nemmeno nel calcio: in Italia ci sono. Guadagnano troppo da voi, è assurdo: la gente rischia di stufarsi.” Quattro anni dopo Pascolo in Italia ci arriverà eccome, e il Sant’Elia di Cagliari diventerà il “suo” stadio, seppur per poco tempo. Ma il 14 ottobre del 1992 ancora non può saperlo… Anche l’allenatore della Svizzera è una futura conoscenza del campionato italiano: Roy Hodgson da Croydon, Inghilterra. Ai microfoni non lesina complimenti al calcio italiano: “Mi fa ridere chi dice che quest’ Italia è ancora sperimentale, averne di giocatori così: io ammiro Sacchi che ha modificato in meglio il vecchio gioco all’ italiana. Il vostro calcio è il più bello d’ Europa, avete i giocatori migliori, mamma mia come siete bravi”.
Alle 20.15 si parte: l’atmosfera del Sant’Elia non è elettrica come venticinque anni prima all’Amsicora. Sugli spalti ci sono numerosi vuoti, colpa soprattutto della pioggia, che prima e dopo il match si abbatte copiosa su Cagliari. L’approccio degli azzurri non è dei migliori: la zona ordinata da Sacchi fa acqua da tutte le parti, e gli automatismi nel reparto arretrato non funzionano. Al 17′ Costacurta perde ingenuamente palla in un contrasto con Sutter (nome già sentito in via Rockefeller): cross dalla sinistra, Marchegiani va a farfalle e Ohrel ha vita facilissima a insaccare con la porta sguarnita. Zero a uno. Gli italiani sono in bambola, e per il raddoppio rossocrociato bastano altri 180 secondi: Costacurta, sulla pressione di Chapuisat, alleggerisce all’indietro per Marchegiani, che però viene colto dal panico: da qualche mese infatti, i portieri non possono più raccogliere i retropassaggi con le mani. Il portiere abbozza un goffo dribbling, ma Chapuisat gli soffia il pallone e appoggia in rete. Zero a due, e per Marchegiani la figuraccia è servita.
Solo un moto d’orgoglio nel finale salva l’Italia da una sconfitta che avrebbe rischiato di compromettere subito il cammino verso il Mondiale. A sette minuti dalla fine Geiger si esibisce in un disimpegno approssimativo, Baggio raccoglie e con una gran staffilata mancina batte Pascolo. Il gol rivitalizza gli azzurri, e Stefano Eranio, a novantesimo inoltrato, sigla il pari con un bel destro, approfittando di un altro erroraccio della retroguardia svizzera. Finisce 2-2, ma è un risultato che continua ad alimentare i dubbi sulla guida tecnica di Arrigo Sacchi. L’Italia andrà comunque ai Mondiali, ma Luca Marchegiani non sarà più il titolare. Dopo la serata nerissima del Sant’Elia, gli verrà sempre preferito Pagliuca. “Mi prendo tutte le responsabilità. Non mi era mai capitato di prendere dei gol così da fesso”, dirà in sala stampa il numero uno del Toro, lodevole almeno nello spirito.
Tra poche ore, il teatro di Italia-Svizzera sarà il Palasport di via Rockefeller, a poche centinaia di metri sia dall’Amsicora che dal Sant’Elia. Cambia lo sport, cambiano le regole, ma i punti di contatto sono tanti. Anche stavolta, infatti, gli azzurri dovranno fare i conti con le pressioni del pronostico, e anche stavolta in palio ci sarà la qualificazione all’Europeo. Sarà della partita pure Pascolo, ma non si tratta di Marco, bensì di Davide, che di mestiere fa l’ala/pivot e che, soprattutto, gioca per l’Italia. Il più atteso di tutti, però, sarà Gigi Datome: è a lui che l’Italia si aggrappa, sperando che ripercorra le orme di Riva e non quelle di Marchegiani.
Roberto Rubiu
Italia-Svizzera 4-0
Cagliari, Stadio Amsicora, 23 dicembre 1967 – ore 14.30
Italia: Albertosi, Burgnich, Facchetti, Ferrini, Bercellino, Picchi, Domenghini, Rivera, Mazzola A., Juliano, Riva. All. Valcareggi.
Svizzera: Kunz (dall’82′ Grob), Pfirter, Tacchella, Michaud, Perroud, Odermatt, Führer, Dürr, Bernasconi, Künzli, Quentin. All. Foni.
Marcatori: 3′ A. Mazzola, 13′ Riva, 45′ e 67′ Domenghini.
Arbitro: Wharthon (Scozia)
Italia-Svizzera 2-2
Cagliari, Stadio Sant’Elia, 14 ottobre 1992 – 0re 20.15
Italia: Marchegiani, Tassotti, Di Chiara, Eranio, Costacurta, Lanna, Lentini, Donadoni (dal 71′ Albertini), Vialli, R. Baggio, Evani (dal 41′ A. Bianchi). All. Sacchi.
Svizzera: Pascolo, Hottiger, Quentin, Egli, Geiger, Bregy, A. Sutter, Ohrel (dal 55′ Piffaretti), Knup (dal 59′ B. Sutter), Sforza, Chapuisat. All. Hodgson.
Marcatori: 17′ Ohrel, 20′ Chapuisat, 83′ R. Baggio, 91′ Eranio.
Arbitro: Mikkelsen (Danimarca)
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