Telenovela Cagliari-Cellino-americani: tanti ingredienti per quale ciambella?
Massimo Cellino va o resta? E’ la domanda che tutti si fanno, dai tifosi ai giornalisti, dai giocatori ai passanti che percepiscono solo spifferi di un cambio epocale che per il Cagliari Calcio potrebbe arrivare domani come mai. La botta data dalla Football League, quando sembrava che il pertugio Oltremanica fosse stato trovato, si è sentita, quasi un’eco della deflagrazione domenicale che apriva alla diffidenza verso i potenziali compratori a stelle e strisce. Non sarebbe la prima volta che il passaggio di consegne in seno alla società rossoblù si risolve in un nulla di fatto, con soggetti messi in vetrina e poi dissolti, accantonati in nome del “non vendo a questa gente qua che non ha a cuore il Cagliari”.
Insomma, le pieghe del passato – quando prima Rosettano Navarra poi Sergio Porcedda erano arrivati ad un passo da viale la Playa – ritornano e sembrerebbero proiettare l’ennesimo capitolo di un Cellino pronto a cedere il suo Cagliari salvo poi fare dietrofront dichiarando il proprio amore paterno e disinteressato verso una creatura che lui e solo lui riuscirebbe a gestire. Se non fosse che stavolta la situazione appare più compromessa e forse già oltre il punto di non ritorno. Il mancato approdo a Leeds, il disinteresse e il nullo trasporto verso le vicende del Cagliari, l’incontro tra il Sindaco e gli intermediari che dicono di confidare nell’accordo raggiunto con Cellino sono tutte varianti che paiono andare a stravolgere il copione già letto.
Cellino, oltre a sembrare del tutto disinteressato, viene descritto da chi gli è vicino come molto abbattuto ed amareggiato, demotivato di fronte all’idea di proseguire l’attività in Sardegna. Eppure questo non basta per escludere del tutto un suo ritorno in sella, perché in troppi hanno fatto il callo e conoscono alla perfezione il modus operandi dell’imprenditore sanlurese, capace di portar di nuovo dalla propria parte ciò che aveva accatastato in malo modo con elefantiaca distruttività. Già in passato (ancora lui!), infatti, gli era capitato di tornare all’ovile ostentando il rifiuto di lasciare la società in mano a persone di dubbio valore.
E perché non ci potrebbe essere un remake allora? I dubbi esplosi, fragorosi, due giorni fa attorno alla figura di Luca Silvestrone, colui che ha colpito Massimo Zedda impressionandolo per serietà e risolutezza, vengono tenuti vivi dalle notizie emerse in queste ore. In primis riguardo l’avventura di Silvestrone a Sulmona, quando la trattativa da lui condotta con l’Amministrazione del comune abruzzese, il “Progetto Solimi”, si arenò, dicono i promotori, per i famigerati ritardi della politica, da subito entusiasta, ma in seguito impotente nella concessione della deroga necessaria alla costruzione del centro commerciale. Anche se dalla controparte, pur avendo effettivamente a suo tempo approvato la delibera d’indirizzo, si è sempre rimarcata la mancanza di garanzie economiche alla
base del progetto, che per questo motivo non avrebbe mai proseguito il proprio iter.
Crollo di un castello di sabbia che si ripeteva, visto quanto accaduto precedentemente a Ravenna. Anche in Romagna, infatti, Silvestrone parrebbe essere stato intestatario di ambiziosi progetti per il club giallorosso, con tanto di fondo d’investimento straniero alle spalle. A corredo anche le avventure in sella di una società che avrebbe dovuto produrre caramelle anti-tartaro e l’ideazione di Servimpresa, associazione di imprenditori locali, nata nella sua Rovigo e poi propagatasi in Emilia Romagna prima di confluire in Confedercontribuenti. Anche a Ravenna, però, nessun salto di qualità infrastrutturale o sportivo per i Leoni, quindi il trasloco in Abruzzo. Con un compagno di viaggio eccellente, eletto a garante dell’operazione ma con il quale poi non sono mancati gli screzi anche pesanti: Maurizio Scelli, deputato Pdl nella sedicesima legislatura e proprietario dell’ambizioso Sulmona che a novembre scorso lottava per vincere la Serie D ma che poi un mese dopo dallo stesso Scelli è stato smantellato per carenze economiche.
E Cellino? Attorno al presidente del Cagliari la telenovela assume trame davvero intricate. Il niet inglese ha lasciato perplessi, visto che in passato altri personaggi discutibili avevano ottenuto il lasciapassare da parte della Football League, il rigoroso organo britannico. Cellino non è stinco di santo, ci mancherebbe, ma viene difficile dubitare che non avesse dato garanzie finanziarie solide, pagando peraltro debiti e stipendi per mantenere in vita il Leeds seppure il take over non fosse stato ancora portato a termine. L’ostracismo anglosassone, in questo senso, sembra aver rasentato il pregiudizio “razziale”, dal momento che in passato personaggi molto più discussi di Cellino avevano avuto srotolato ai propri piedi un tappeto rosso fiammante. Tuttavia, una volta dato a Cesare quel che è di Cesare, è giusto porre una domanda che probabilmente non riceverà mai una risposta: per quale motivo Cellino disporrebbe dei soldi per acquistare il 75% dei whites oltre che l’impianto di Elland Road, ma da anni piange miseria relegando al minimo le ambizioni del Cagliari Calcio?
Potrebbero queste crollare fino alla Serie B, spauracchio che l’andamento attuale non può che paventare? Ve ne avevamo parlato, un po’ provocatoriamente, qualche settimana fa (LEGGI QUI), ma sicuramente il Cagliari dovrebbe “impegnarsi” a fondo per retrocedere. Organico di gran lunga superiore alla concorrenza, a patto di un cambio di rotta totale rispetto a quanto fatto finora. E, del resto, si potrebbe anche far notare come, con una squadra allo sbando, un allenatore in confusione e senza guida societaria, i sardi restino comunque a +5 sulla terzultima. Come a dire che di margine per la gestione tafazziana, Cellino ne avrebbe ancora un bel po’. Non troppo però, attenzione.
La retrocessione in B sarebbe comunque un colpo non semplice da ammortizzare per Cellino, che avrebbe il solo beneficio di aggirare le norme sullo stadio rinviando ulteriormente la risoluzione della grana. Ma può colui che, unanimemente, è considerato uno dei pochi capace di reinvestire gli utili del calcio abbandonare il dorato mondo? Ci penserà a lungo, ne siamo convinti.
E’ stata concreta (e forse lo è ancora) la possibilità di passaggio inter-familiare, da Massimo ai fratelli Lucina ed Alberto. Naufragio
anche di questa imbarcazione, perché l’attuale patron non vedeva di buon occhio una soluzione “di comodo” agli occhi dei tifosi. Un po’ lo stesso motivo alla base del repentino accantonamento della pista tutta sarda che un mese fa era emersa nelle varie stanze dei bottoni.
Intanto in via Roma si cercano di stringere cerchio e tempi. Il Comune di Cagliari vuole iniziare a vedere qualcosa di concreto sul fronte stadio, perché giugno è vicino e non avere uno stadio per poter giocare in Sardegna sarebbe un autentico fallimento. La paura di una figuraccia, sul Sant’Elia del futuro prossimo e su quello dei sogni, esiste, seppur (ancora) sfumata. Ora Massimo Zedda deve armarsi di quel coraggio che permise di rimanere a Cagliari lo scorso ottobre, lo stesso che dovrà portarlo a partecipare alle commissioni provinciali per mettere fretta e arrivare alle decisioni che contano.
Dubbi, paure, scetticismo e colorate bolle di sapone. Ci aspetta al varco una settimana annunciata come trionfale dagli squilli di tromba. Attendiamo, anche perché non è detto che un avvocato che perda una causa sia per forza un cattivo avvocato. Attendiamo e chissà che, magari anche per sbaglio, questa volta la ciambella non venga col buco. Attendiamo.
Fabio Frongia