Cagliari, Torres e Dinamo: tre risultati diversi, tanti punti interrogativi
Al Sant’Elia si sorride, anzi ci si esalta per una vittoria di prestigio che segue una mareggiata di delusioni e nubi. All’Acquedotto, di ritorno zuppi e acciaccati dalla difficile trasferta veneta, si coccola un pareggino che di primo acchito pare oro colato, ma senza esagerare. E poi il Pala Serradimigni, che da tempo non vede i propri beniamini causa calendario, e continuerà a osservarli col binocolo per via della Coppa Italia milanese. Oltre le lenti biancoblù, però, solo sconfitte a tinte tricolori, a chiudere la parentesi europea portatrice di ossigeno. Cagliari, Torres e Dinamo, un weekend particolare con i tre risultati “da schedina” distribuiti e molte questioni, tecniche, tattiche, ambientali a tenere banco.
Cagliari, il campo è l’ultimo problema – Una squadra finalmente concentrata per novanta minuti più recupero ha colto quel successo che mancava da troppo tempo. Fiorentina pessima, deludente e abbattuta dal rigore di Pinilla e dalle corse del gruppo di Lopez, passato dalla ghigliottina preventiva per aver mandato in campo Cabrera agli applausi tipici del post-vittoria. Esaltazione del popolo rossoblù, già pronto a considerare Adryan un giocatore pronto e dal futuro roseo, dopo che appena 24 ore prima ci si struggeva per il calciomercato. Come sempre, ci vuole equilibrio. La salvezza è ampiamente alla portata del Cagliari, e per la qualità dell’undici titolare e (soprattutto) per la mediocrità che regna sovrana alle spalle. Bologna sull’orlo del baratro tecnico e finanziario, Livorno al verde, Sassuolo che potrebbe pagare l’ingordigia sul mercato e la smania di cambiare, ma anche il Catania confusionario pare offrire “garanzie” ad un Cagliari comunque poco divertente e che necessità come il pane di profondi variazioni sul tema. Sullo sfondo le vicende societarie, in merito alle quali ha poco senso arrabattarsi, in assenza di notizie certe. Con gli arabi si parla, ma è tutt’altro che deciso alcunché, e anche il Leeds non è a tutti gli effetti di Cellino. Sembra di rivivere la vicenda Nainggolan, con l’inseguimento di voci pluridirezionate smentite ad ogni giro di lancetta. Meglio aspettare e poi valutare.
Torres, riprendi la corsa – Sei squadre non sono poche da superare quando mancano dodici giornate alla fine della stagione regolare. Ecco perché il pareggio ottenuto a Porto Tolle, accolto con i denti bene in vista da Cari e soci, va subito archiviato. Pensando che nelle prossime due sfide, contro Renate e Santarcangelo, che si sono appena sfidate pareggiando 0-0 e rappresentano le più grosse sorprese, sarebbe meglio fare almeno 4 punti. Pena lo sbiadimento dell’inizio di rincorsa con tanto di tris di successi, e l’emergere di crepe per ora soltanto coperte da un po’ di stucco. La fatica nel trovare il gol con le punte preoccupa, perché talvolta può mancare il Lisai di turno (come a Porto Tolle) altre gli avversari trovano le contromisure per bloccare i “furetti” rossoblù. O magari arriva il campo pesante a comandare il lancio lungo, e qui gli Infantino, i Bonvissuto e gli Scarpa vengono chiamati ad assolvere il proprio compito. Già, gli attaccanti, e chissà che su questo tavolo Marco Cari non si stia giocando la credibilità presso una tifoseria perplessa dallo schieramento di Bonvissuto in nome del giovane veneto. Anche se il disco “giochiamo con 4 attaccanti” è sempre fuori custodia, i risultati finiranno per comandare. Intanto la platea ha scelto il proprio idolo, Enzo Nucifora, artefice della rivoluzione sul mercato e faccia buona, “sicura” della società agli occhi del popolo torresino. Quasi una cassaforte dove riporre, momentaneamente, le questioni interne che prima o poi dovranno essere risolte.
Dinamo, è crisi – Seconda sconfitta consecutiva, una squadra che non ingrana. La Dinamo formato 2013-2014 è tutt’altro che una squadra da primato, incapace di tenere fede alle dorate ambizioni estive. Fuori dai denti: la squadra di quest’anno pare sbagliata, piena di falle che puntualmente un avversario carico a molla e un palazzetto ostico fanno emergere. In difesa, usando le parole di Jack Devecchi, c’è poca disponibilità a “piegare tutti le gambe” aiutandosi l’uno con l’altro. In attacco regna la confusione. E allora, aldilà dei problemi sul parquet che spetta a Meo Sacchetti risolvere, è bene discutere dell’approccio anche mediatico e giornalistico alla realtà Dinamo Sassari. Quella che unisce la Sardegna, si è detto in modo sufficientemente elogiativo, quella bomboniera dove fare sport in modo sano appassionando anche chi di palloni rotolare ne ha visti pochi e ha attinto per osmosi. Ecco, quando si giudica questa Dinamo, si ha quasi pudore di dire che le cose non vanno bene. Male, perché solo evidenziando gli errori (che Roberto Rubiu ha esaminato con dovizia) in sede di costruzione e gestione si può crescere e migliorare una realtà che solo da due anni si ciba di basket ai massimi livelli.
Fabio Frongia