Han Kwang Song, Nicoletti (PD): “Governo e Cagliari verifichino attentamente”

Il suo tesseramento è stato oggetto quest’oggi di un’interrogazione parlamentare su iniziativa di Michele Nicoletti, deputato PD

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Il tesseramento di Han Kwang Song, che potrebbe diventare il primo giocatore nordcoreano ad indossare la maglia del Cagliari, ha destato inevitabilmente curiosità e interesse presso tutti i tifosi rossoblù, ma non solo. Il suo ormai prossimo tesseramento, infatti, è stato oggetto quest’oggi di un’interrogazione parlamentare su iniziativa di Michele Nicoletti, deputato PD e  membro della Commissione Affari Esteri della Camera.




Lei conferma che l’invio di lavoratori all’estero da parte del governo di Pyongyang sia una strategia per aggirare le sanzioni internazionali che stanno mettendo in ginocchio la Corea del Nord?

Questo è quanto riportato in alcune relazioni di organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani. Pertanto noi chiediamo al Governo italiano di verificare se nel caso dei nordcoreani presenti nel nostro paese ci sia effettivamente o meno la violazione di questi diritti fondamentali come la libera corrispondenza o il diritto ad essere remunerati compiutamente senza dover versare delle quote in modo coercitivo ad altri enti.

In tal senso come dovrebbe comportarsi una società privata come, in questo caso, il Cagliari Calcio?

Premetto che sono e siamo favorevoli al fatto che ci sia la massima libera circolazione e non vogliamo in alcun modo limitare la libertà di movimento. L’intento di questa iniziativa è quello di tutelare i diritti di queste persone e non certo quello di impedire loro di svolgere uno sport  o alle società di valorizzare questi giocatori. Cosa può fare una società? Esattamente quello che fa con gli altri giocatori, ovvero verificare che ci siano delle condizioni di tutela dei loro diritti. E siccome le società non prendono contatti direttamente con i ragazzi ma con altre società, la prima cosa che possono fare, in collaborazione con le autorità pubbliche, è quella di verificare se ci sono dei pagamenti irregolari e le condizioni in cui vivono i giovani. Quello che si chiede a tutti i soggetti coinvolti, perciò, è di usare gli strumenti che hanno a disposizione  per le verifiche e gli accertamenti di tipo legale e di tipo fiscale.

Questa iniziativa, dunque, non dev’essere interpretata come un ostacolo per il ragazzo.

No, certamente. Il rischio si ha quando si presenta una limitazione dei loro diritti. Come, ad esempio, nei casi di sfruttamento della manodopera, se io chiedo che vengano fatti dei controlli all’interno di una fabbrica non lo faccio a sfavore dei lavoratori anche se capisco che, dal punto di vista del lavoratore, operare in una situazione poco garantita sotto il profilo della salute sia meglio che non lavorare. Ma non penso che in uno stato di diritto sia accettabile chiudere un occhio in queste situazioni. Penso che il miglior interesse per una persona sia quello di lavorare in una situazione di piena libertà e non di semi-libertà, quindi la nostra intenzione è quella di tutelarlo maggiormente.

Dalla Corea del Nord arrivano informazioni frammentarie riguardanti le iniziative del governo di Pyongyang. Alcune di queste raccontano la volontà del regime di potenziare in maniera ingente i settori giovanili delle rappresentative nazionali. Potrebbe essere proprio lo sport un veicolo per la democrazia come avvenne negli anni ’70 con la democrazia del ping-pong?

Da questo punto di vista è assolutamente positivo che ci siano dei canali di comunicazione anche con quei regimi che consideriamo autoritari. Non intendiamo chiudere tutti i canali di comunicazione con i regimi oppressivi, tutt’altro. Siamo convinti che lo sport sia uno di quei canali in grado di rappresentare un supporto per migliorare la situazione, ma non per aggirare le sanzioni o utilizzare una certa libertà degli sportivi per chiudere un occhio sulle situazioni di schiavitù nelle quali versano tante altre persone.

Stefano Sulis




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